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Le prime notizie certe riguardanti la villa risalgono al 1517, quando la famiglia Buonvisi l'acquistò dalla famiglia Avvocati. Nel 1651 passò ad Oliviero e Lelio Orsetti, ed è proprio a loro, come raffigurato in una stampa della fine del Settecento, che si deve la sistemazione del giardino e la costruzione della "Palazzina dell'Orologio". Questo edificio è caratterizzato nella sua facciata principale da un portico e loggia sovrapposti, con al centro una sopraelevazione dove è collocato l'orologio, da cui prende il nome. La villa fu chiamata "Marly" rifacendosi ad un'altra con lo stesso nome presso Parigi al tempo di Luigi XIV. Case vacanze e alberghi in Lucca. Agli inizi dell'Ottocento Elisa Baiocchi Bonaparte acquistò contemporaneamente, da Lelio Orsetti Villa Marlia, e dalla Mensa Arcivescovile Villa del Vescovo, iniziando immediatamente i lavori di ristrutturazione e di fusione delle due proprietà, e trasformando il palazzo tardo rinascimentale degli Orsetti in uno in stile neoclassico. La villa, diventando la residenza ufficiale di Elisa, regina d'Etruria, prese il nome di "Reale". Dopo l'era napoleonica la proprietà passò prima ai Borbone, successivamente al Granducato di Toscana, al Demanio, ai Borbone di Capua ed infine, nel 1923, ai conti Pecci-Blunt a cui si devono i lavori di restauro del Palazzo e del giardino.
Il giardino, realizzato nella seconda metà del Seicento e rimasto nella parte alta pressoché immutato, è caratterizzato da un ampio piazzale a prato di fronte al palazzo, dietro al quale è ubicato il teatro d'acqua che si estende intorno alla grande vasca semicircolare ornata da statue rappresentanti divinità, mascheroni che riversano acqua, vasi di fiori e sormontata da una alta siepe tagliata a forbice. Esistono due assi paralleli all'asse principale della villa, di cui uno è un lungo viale che conduce alla Palazzina dell'Orologio, l'altro si estende dal giardino dei limoni, formato da quattro aiuole rettangolari e dalla grande peschiera (20 x 10m). Questa è delimitata da una balaustra che termina con una magnifica esedra in tufo e pietra liscia che ospita, in una nicchia, il gruppo di "Leda e il Cigno". Di fronte all'esedra, sulle sponde della peschiera, si distendono le sculture dei giganti rappresentanti l'Arno e il Serchio, che gettano
acqua. Mentre la parte alta del giardino è rimasta pressoché immutata rispetto al progetto seicentesco, quella inferiore è notevolmente cambiata per l'aggiunta, voluta da Elisa Baciocchi, del più basso giardino della villa "del Vescovo" e di altri terreni che permisero di prolungare e quasi raddoppiare il grande prato antistante. La nuova sistemazione si presentava con una struttura organizzata secondo gruppi d'alberi asimmetrici e con prati in leggero pendio secondo il gusto romantico della veduta naturale tipica del giardino all'inglese. In seguito il ninfeo fu collegato tramite due rampe di scale al giardino dei fiori in stile decò, progettato da J. Greber, intorno al 1920. Questo, di forma rettangolare, è concepito secondo i canoni del giardino islamico ed è caratterizzato da una grande vasca da cui si diramano dei canaletti e da aiuole erbose. Adiacente alla Villa del Vescovo è disposto un piccolo giardino su due livelli di cui quello inferiore è composto da aiuole rettangolari, bordate di bosso, e racchiuso su due lati dal muro di contenimento della terrazza superiore della villa, decorato con nicchie contenenti statue. Dopo l'acquisizione della proprietà, da parte dei conti Pecci-Blunt, il patrimonio vegetale originario del parco all'inglese fu fedelmente ricostruito. |
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